Scopri cosa succede all'iItalia
L’Italia si ferma (pexels) corrierino.it

L’Italia è ormai divisa in due e non sembra importare proprio a tutti. Al di sotto della patria di Parthenope, nulla più.

Quando si parla di razzismo e discriminazione, si pensa subito a episodi eclatanti legati al colore della pelle o alla provenienza da altri Paesi. Ma in Italia, il razzismo ha spesso un volto molto più vicino e meno riconosciuto: quello del campanilismo, dell’odio tra regioni, delle battute sul “terùn” e sul “polentone”.

Anche se dette ridendo, raccontano una realtà ancora viva. Il pregiudizio interno, quello che spacca in due l’Italia, è subdolo perché viene minimizzato, come se fosse solo folclore. E invece no: è discriminazione bella e buona. Nel 2025, succede ancora che un ragazzo del Sud venga guardato con sospetto a un colloquio al Nord.

E succede anche che un milanese venga accolto con freddezza in certe aree del Meridione perché convinti che costoro si credano superiori. Non è solo una questione di cliché, ma una frattura culturale e sociale che fatica a rimarginarsi. E mentre ci indigniamo a giusta ragione per i razzismi globali, dimentichiamo che anche a casa nostra esistono barriere invisibili ma profondamente radicate.

Pregiudizi reciproci

Al Nord si pensa ancora che al Sud nessuno abbia voglia di lavorare, mentre al Sud si è convinti che al Nord siano freddi, arroganti e razzisti. È un ping-pong di pregiudizi che non fa altro che alimentare la distanza. Ma basta viaggiare un po’ per accorgersi che ci sono persone oneste e lavoratrici ovunque, e retrogradi pure.

Gli stereotipi fanno comodo solo a chi non ha voglia di approfondire. Serve riconoscerli, parlarne, e soprattutto smettere di perpetuarli con luoghi comuni, scelte politiche divisive e ignoranza storica. Soprattutto se poi si parla di soldi.

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Euro (pexels) corrierino.it

Il regno di Sicilia

Wallstreetitalia.com ha diffuso le informazioni. Che l’Italia sia un Paese diviso non è solo una questione culturale, ma soprattutto economica. Oggi, a più di 160 anni dall’unità, sembra ancora di avere a che fare con il Regno delle Due Sicilie da una parte e l’industrializzazione lombardo-veneta dall’altra. Il rapporto della CGIA di Mestre fotografa infatti una realtà che non può più essere ignorata. È come se si fosse rifondato il Regno delle due Sicilie.

Al Nord si guadagna in media quasi il 50% in più rispetto al Sud. Un lavoratore dipendente privato a Milano prende in media 2700 euro lordi al mese, mentre uno a Vibo Valentia si ferma a 1030 euro. Un abisso. Nonostante i contratti collettivi nazionali dovrebbero garantire equità, la differenza resta. A influire sono il costo della vita, certo, ma anche la concentrazione di aziende, infrastrutture e investimenti. È vero che al Sud la vita costa meno, ma ciò non giustifica stipendi così bassi da rendere impossibile un’esistenza dignitosa.